Nel 2025 si dovrebbe piantare per comunità vegetali

Nel 2025 si dovrebbe piantare per comunità vegetali

Questo è uno spazio al quale ho deciso di dare vita per poter esprimere, e condividere, la mia filosofia professionale, il mio punto di vista, le mie perplessità, assieme a un pubblico eterogeneo e di appassionati di giardini; questa volta vi chiedo di portare pazienza e leggere fino in fondo circa la mia contrarietà ad una certa parte di realizzazioni in ambito di verde pubblico e privato, che ammorbano i nostri giardini, parchi e aiuole, prive di anima, di visione, di futuro e di competenze tecniche, ma che strizzano invece l’occhio a un pubblico poco attento, forse pigro dal punto di vista della curiosità botanica e in ultimo, forse anche sprovveduto.

Ecco! L’ho scritto!

Ohhhh lah! Che liberazione.

Ma vi spiego subito il perché di questa mia dissertazione così piccata, ci mancherebbe, cari Giardinieri sensibili.

Nel 2025 anche in Italia ci sono gli strumenti per essere aggiornati, per documentarsi, per fare una disamina dello stato dell’arte del verde. Internet è un mezzo potentissimo, ma che va utilizzato nel modo giusto per evitare che ci vengano proposti solo annunci commerciali e punti di vista di influencer, o presunti tali, improvvisati, fuorvianti o mossi da interessi puramente commerciali.

So che non è semplice distinguere contenuti di qualità da quelli semplicemente “vestiti” di qualità ma che sotto sotto, nella migliore delle ipotesi, vogliono fidelizzare un potenziale cliente, rubare un click o, peggio, forniscono informazioni sbagliate e/o pericolose per piante, animali o esseri umani.

Questa difficoltà di informazione, fa sì che la progettazione del verde, così come gli esempi disponibili di giardini, siano troppo spesso pieni di contenuti sbagliati sotto molti aspetti: estetici, ecologici, pratici, biologici.

Ciò che dico lo si può evincere quotidianamente nelle nostre città, dove ancora è possibile imbattersi in realizzazioni del tenore di un acero rosso al piede del quale sono ammucchiati ciottoli bianchi di marmo di Carrara, magari poggiati sopra un bel telo pacciamante plastico.

Quest ultimo è a mio avviso il punto più basso che possa esistere di forma espressiva in un giardino, tipo Tafazi nei corti di Aldo, Giovanni e Giacomo.

Ma veniamo al nocciolo del discorso e cioè a ciò che mi appassiona: la progettazione del verde.
Nel titolo ho parlato di Comunità vegetali.

Ma cosa sono le comunità vegetali?

“Una comunità vegetale è un insieme di specie vegetali che convivono in uno stesso ambiente, interagendo tra loro e con le condizioni ecologiche del luogo (come il suolo, il clima, la luce, l’umidità, ecc.).

Queste specie formano un sistema relativamente stabile e riconoscibile, spesso caratterizzato da una struttura (distribuzione nello spazio) e da una composizione della flora (specie presenti) specifica.”

Questo è ciò che avviene in natura, che, come dico spesso, dovrebbe essere la nostra massima fonte di ispirazione, quando immaginiamo un nuovo paesaggio. Quindi, in un habitat naturale specifico, si sviluppano specie vegetali distinte per dimensioni, forme, ruolo ecologico ma che hanno stesse esigenze colturali ed ecologiche.

Ad esempio, in una radura di Betulle in Europa continentale, troveremo oltre alle Betulle appunto, una fascia di piante arbustive intermedia composta da felci, mirtilli, magari qualche sorbo o salicone, rovi e più in basso ancora muschi, sfagno, qualche graminacea come Calamagrostis o Deschampsia.

Che insegnamento possiamo trarre quindi, osservando questa, o altre, comunità vegetali?

Che nel progettare un nuovo spazio verde, si dovrebbero associare i seguenti elementi compositivi:

  1. Suolo (rizosfera e microflora batterica);
  2. Un primo strato di piante coprisuolo pioniere e perenni erbacee;
  3. Una fascia di arbustive e piccole alberature;
  4. Gli elementi arborei.

 

  1. Il suolo: è l’elemento nel quale si sviluppano e trovano nutrimento gli apparati radicali delle nostre piante, assieme alla microflora batterica:  funghi, insetti, micorrizze e sostanza organica decomposta e ancora da decomporre; Un tassello fondamentale del complesso, che non si può trascurare , pensando magari che riportando nel nostro giardino o aiuola un terreno scavato in profondità chissà dove e quindi privo di rizosfera (ndr la zona di suolo che si trova intorno alle radici delle piante, dove avvengono molte interazioni tra le radici, i microrganismi e le sostanze del terreno.) , si possano ottenere buoni risultati. Un buon substrato di coltivo deve essere alla base di ogni nuovo progetto. Stop!
  2. Coprisuolo: appena sopra il livello del terreno, troviamo le piante tappezzanti, striscianti o che formano piccoli cuscini vegetali, elementi vegetali che si sono adattati nel corso di milioni di anni a crescere al di sotto della chioma di altre forme vegetali più alte, spesso con meno luce solare a disposizione e sviluppando sistemi di propagazione adatti alla situazione. In questa tipologia di piante possiamo trovare, il Timo, le Eriche, i Mirtilli di montagna, alcuni ginepri striscianti, le Convallaria e Pachysandra, i muschi da ombra, oppure Isotoma fluviatile, una delicatissima piantina bisognosa di terreno umido che si produce in piccoli fiori celesti, perfetta da utilizzare tra le fughe di un passo perduto di lastre di pietra.
  3. Arbustive: questo è lo spazio compreso tra i 50 cm e i 3 mt dal livello del terreno. Qui troviamo un mondo eterogeneo di piante più o meno piccole che crescono in simbiosi con le schive coprisuolo e le maestose alberature. Queste forme vegetali servono per riempire gli spazi, dare uniformità alla composizione, fornire fioriture, creare corridoi ecologici appetibili e sicuri per gli impollinatori e la fauna del bosco. Inoltre, iniziano a definire una struttura verticale ben leggibile, con la forma delle piccole alberature. E’ composta da piante come Azalee, Ginepri, Pino mugo, Rododendri, Nandine, Spiree, Agrifogli, ma anche Felci e le graminacee più svariate che con le loro spighe svettano al di sopra della prima linea di vegetazione.
  4. Alberature: la struttura di una comunità, le piante che crescono in un determinato habitat e condizionano con lo sviluppo delle loro radici e chiome, anche la crescita di tutto il sistema descritto nei punti uno, due e tre. Pochi elementi, spesso dominanti, caratterizzano il paesaggio e lo rendono immediatamente riconoscibile. Ogni habitat ha le sue alberature: Noci, Querce, Canfore, Salici piangenti, Palme da dattero, Sequoie, Magnolie, Gingko biloba.

Seguendo queste indicazioni potremo dare vita, anche nel piccolo ad ambienti leggibili, verosimili, e in equilibrio nei suoi elementi compositivi. La procedura è la medesima in ogni angolo del pianeta, basta tarare le condizioni climatiche e del terreno e partire salendo verso l’alto.

Vedrete che troverete grande soddisfazione sia esteticamente che poi nella gestione, e non manutenzione, di una comunità di vegetali, poiché queste ultime non avranno necessità di continui aggiustamenti umani con tosasiepi, potatura rami e noiosi diserbi poiché la natura a suo tempo ha accomunato piante che non si sovrastano ma che traggono un mutuo beneficio dalla vicinanza delle altre di quel particolare habitat, rendendo a noi più semplice la gestione, appunto.

Di notte sogno che tu ed io siamo due piante che son cresciute insieme con radici intrecciate.
Pablo Neruda